Formazione "il FIGLIO dell'UOMO" ARGOMENTO dalla STAMPA QUOTIDIANA

FORMAZIONE

il FIGLIO dell'UOMO

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dal 28 Marzo al 4 Aprile 2010

9a SETTIMANA MONDIALE della Diffusione in Rete Internet nel MONDO de

" i Quattro VANGELI " della CHIESA CATTOLICA , Matteo, Marco, Luca, Giovanni, testi a lettura affiancata scarica i file cliccando sopra Italiano-Latino Italiano-Inglese Italiano-Spagnolo

L'ARGOMENTO DI OGGI

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ORDINE LAICO dei " CAVALIERI del FIGLIO dell'UOMO" per VIVERE il VANGELO, Diventate CAVALIERI del FIGLIO dell'UOMO vivendo la Vostra VITA in FAMIGLIA e sul LAVORO secondo VIA, VERITA' VITA

il governo ricorrerà contro la sentenza.

Vaticano: "dobbiamo valutare"

La Corte europea dei diritti dell'uomo:

"No al crocefisso nelle aule scolastiche"

Accolto il ricorso di un'italiana di origine finlandese. Bersani: "È una tradizione non offensiva per nessuno"

2009-10-03

Ingegneria Impianti Industriali

Elettrici Antinvendio

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

 

L'ARGOMENTO DI OGGI

 

Il Mio Pensiero:

La presenza del Crocifisso non impone di per se agli altri alcuna religione, ma è la testimonianza di una Cultura Cattolica della Società Italiana, di una Tradizione di 2 millenni di Storia non solo Italiana ma dell'intera umanità, ed è l'espressione della Religione della stragrande maggioranza degli Italiani, sia Cattolici praticanti, sia non praticanti, sia agnostici, sia Laici.

D'altra parte il Crocifisso rappresenta il simbolo universale del Figlio dell'Uomo assolto dai Romani, processato, condannato e crocifisso ingiustamente dai sommi sacerdoti, scribi e farisei, di Israele per aver praticato e diffuso i valori universali dell'Amore, della Fraternità, dell'Amore per il Prossimo, verso i Bisognosi, gli Ammalati, gli Assetati, gli Affamati, i Poveri, i Carcerati, Lebbrosi, dell'Uguaglianza, del Perdono, dell'Uso dei Beni della Natura che sono di tutti, e che ciascuno ne usi nella quantità giusta per il proprio Bisogno nel rispetto del Prossimo.

Né la religione Cattolica, né lo Stato Italiano negano ai cittadini stranieri la libertà di professare le altre Religioni, nel rispetto delle Leggi dello Stato Italiano.

D'altra parte in altre nazioni Islamiche e di altre religioni non è consentita la stessa libertà di religione che vige in Italia.

In presenza di Accordi Bilaterali fra l'Italia e gli altri Stati, alla pari dei Patti Lateranensi recentemente modificati, lo Stato Italiano, in presenza di reciprocità di garanzie, si potrebbe addivenire ad altre convenzioni anche con le altre Religioni.

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

CORRIERE della SERA

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http://www.corriere.it

2009-11-04

SONDAGGIO DEL 2009-11-04 h 14,55 Secondo la Corte europea la presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche costituisce "una violazione dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni" e una violazione alla "libertà di religione degli alunni". Siete d’accordo?

Sì 50.0%

No 50.0%

Numero votanti: 26258

Dal Sito Internet di

REPUBBLICA

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http://www.repubblica.it/

2009-11-04

I crocifissi nelle aule SONDAGGIO DEL 2009-11-04 60648 voti alle 15:4.

Sondaggio aperto alle 08:57 del 03.11.2009

La presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche costituisce ''una violazione del diritto dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni'' e una violazione alla ''liberta' di religione degli alunni''.

Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell'uomo. Siete d'accordo?

Sì (38806 voti) 64%

No (16712 voti) 28%

Non sono credente, ma non ritengo il crocefisso in aula una "violazione della libertà di religione degli alunni". (4762 voti) 8%

Non so (368 voti) 1%

Dal Sito Internet di

il SOLE 24 ORE

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2009-11-03

SONDAGGIO DEL SOLE 24 ORE h 15,30 del 2009-11-04 - Risultati di:

Siete d'accordo con la sentenza della Corte?

- Sì 41%

- No 57%

- Non saprei 2%

CORRIERE della SERA

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http://www.corriere.it

2009-11-04

Bertone: l'Europa del terzo millennio

ci lascia solo le zucche e toglie i crocifissi

Il segretario di Stato vaticano: "Nostra reazione è di deplorazione". Apprezzamento per il ricorso dell'Italia

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NOTIZIE CORRELATE

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AUDIO - Vittorio Messori commenta la sentenza di Strasburgo: "Grande amarezza ma non è scandalo" - di V. Baldisserri (3 novembre 2009)

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Resti il crocifisso in aula, parola della Consulta (15 dicembre 2004)

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AUDIO - L'avvocato Ficarra: "Sentenza di libertà"

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AUDIO - "Genitori e scuola": "Il vero problema non è il crocefisso"

Il segretario di Stato vaticano cardinal Bertone (Lapresse)

Il segretario di Stato vaticano cardinal Bertone (Lapresse)

CITTA' DEL VATICANO - "Purtroppo questa Europa del Terzo Millennio ci lascia solo le zucche e ci toglie i simboli più cari". Lo ha detto il segretario di Stato vaticano cardinale Tarcisio Bertone commentando la decisione della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo sul togliere i crocifissi nelle aule scolastiche italiane. "Questa è veramente una perdita", ha continuato Bertone: "La nostra reazione non può che essere di deplorazione" e "ora dobbiamo cercare con tutte le forze di conservare i segni della nostra fede per chi crede e per chi non crede".

LA SCELTA DEL GOVERNO - Il segretario di Stato vaticano si è anche chiesto: "Le strade pubbliche debbono togliere tutti i crocifissi?". E quindi ha espresso "apprezzamento" per la scelta del governo italiano di fare ricorso contro la sentenza della Corte europea: "Certamente c'è apprezzamento".

 

04 novembre 2009

 

 

 

 

 

2009-11-03

il governo ricorrerà contro la sentenza. Vaticano: "dobbiamo valutare"

La Corte europea dei diritti dell'uomo:

"No al crocefisso nelle aule scolastiche"

Accolto il ricorso di un'italiana di origine finlandese. Bersani: "È una tradizione non offensiva per nessuno"

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NOTIZIE CORRELATE

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AUDIO - Vittorio Messori commenta la sentenza di Strasburgo: "Grande amarezza ma non è scandalo" - di V. Baldisserri (3 novembre 2009)

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Resti il crocifisso in aula, parola della Consulta (15 dicembre 2004)

(Emblema)

(Emblema)

MILANO - La presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche costituisce "una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni" e una violazione alla "libertà di religione degli alunni". Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo accogliendo il ricorso presentato da una cittadina italiana. Il giudice Nicola Lettieri, che difende l'Italia davanti alla Corte di Strasburgo, ha reso noto che il governo italiano ricorrerà contro la sentenza. Se la Corte accoglierà il ricorso, il caso verrà ridiscusso nella Grande Camera. Qualora non dovesse essere accolto, la sentenza diverrà definitiva tra tre mesi, e allora spetterà al Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa decidere entro sei mesi, quali azioni il governo italiano deve prendere per non incorrere in ulteriori violazioni. Il Vaticano assume invece una posizione attendista: "Dobbiamo valutare la sentenza".

LA RICORRENTE - La cittadini che fece ricorso alla Corte di Strasburgo è Soile Lautsi Albertin, cittadina italiana originaria della Finlandia, che nel 2002 aveva chiesto all'istituto comprensivo statale Vittorino da Feltre di Abano Terme (Padova), frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocefissi dalle aule in nome del principio di laicità dello Stato. Dalla direzione della scuola era arrivata risposta negativa e a nulla sono valsi i successivi ricorsi della Lautsi. A dicembre 2004 il verdetto della Corte Costituzionale, che ha bocciato il ricorso presentato dal Tar del Veneto. Il fascicolo è quindi tornato al Tribunale amministrativo regionale, che nel 2005 ha a sua volta respinto il ricorso, sostenendo che il crocifisso è simbolo della storia e della cultura italiana e di conseguenza dell'identità del Paese, ed è il simbolo dei principi di eguaglianza, libertà e tolleranza e del secolarismo dello Stato. Nel 2006, il Consiglio di Stato ha confermato questa posizione. Ma ora la storia si ribalta: i giudici di Strasburgo, interpellati dalla Lautsi nel 2007, le hanno dato ragione, stabilendo inoltre che il governo italiano dovrà versarle un risarcimento di cinquemila euro per danni morali. Si tratta della prima sentenza della Corte di Strasburgo in materia di simboli religiosi nelle aule scolastiche. "Siamo contenti che abbiamo vinto, non crediamo però che ci saranno conseguenze dirette. Ora lo Stato italiano dovrà tenere conto della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo" hanno dichiarato i coniugi di Abano.

LA SENTENZA - "La presenza del crocefisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastiche - si legge nella sentenza dei giudici di Strasburgo - potrebbe essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso. Avvertirebbero così di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione". Tutto questo, proseguono, "potrebbe essere incoraggiante per gli studenti religiosi, ma fastidioso per i ragazzi che praticano altre religioni, in particolare se appartengono a minoranze religiose o sono atei". Ancora, la Corte "non è in grado di comprendere come l'esposizione, nelle classi delle scuole statali, di un simbolo che può essere ragionevolmente associato con il cattolicesimo, possa servire al pluralismo educativo che è essenziale per la conservazione di una società democratica così come è stata concepita dalla Convenzione europea dei diritti umani, un pluralismo che è riconosciuto dalla Corte costituzionale italiana". I sette giudici autori della sentenza sono Francoise Tulkens (Belgio, presidente), Vladimiro Zagrebelsky (Italia), Ireneu Cabral Barreto (Portogallo), Danute Jociene (Lituania), Dragoljub Popovic (Serbia), Andras Sajò (Ungheria), e Isil Karakas (Turchia).

VATICANO, DOBBIAMO VALUTARE SENTENZA - Il Vaticano vuole leggere la motivazione, prima di pronunciarsi sulla sentenza della Corte europea di Strasburgo. "Credo che ci voglia una riflessione, prima di commentare", ha detto padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede. Ha aggiunto monsignor Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti: "Preferisco non parlare della questione del crocefisso perché sono cose che mi danno molto fastidio".

COMMENTI - "Bisognerà attendere le motivazioni della sentenza della Corte europea, ma fin d'ora - è l'auspicio del presidente della Camera Gianfranco Fini - mi auguro non venga salutata come giusta affermazione della laicità delle istituzioni che è valore ben diverso dalla negazione, propria del laicismo più deteriore, del ruolo del cristianesimo nella società e nell'identità italiana". Per il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini (Pdl) "la presenza del crocifisso in classe non significa adesione al cattolicesimo, ma è un simbolo della nostra tradizione". E anche il neo-leader del Pd Pierluigi Bersani esprime dubbi sulla decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo: "Penso che su questioni delicate come questa qualche volta il buonsenso finisce di essere vittima del diritto. Io penso che un'antica tradizione come il crocifisso non può essere offensiva per nessuno" ha detto il segretario dei democratici. Secondo Sandro Bondi, ministro dei Beni culturali e coordinatore del Pdl "queste decisioni ci allontanano dall'idea di Europa di De Gasperi, Adenauer e Schuman. Di questo passo il fallimento politico è inevitabile". Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc la sentenza "è la conseguenza della pavidità dei governanti europei, che si sono rifiutati di menzionare le radici cristiane nella Costituzione europea. Il crocefisso è il segno dell'identità cristiana dell'Italia e dell'Europa". "Spero che la sentenza sia semplicemente orientativa, che si collochi cioè nel rispetto delle credenze religiose" dice Paola Binetti (Pd). Il ministro delle Politiche agricole Luca Zaia (Lega) si schiera "con chi si sente offeso da una sentenza astratta e fintamente democratica e che offende i sentimenti dei popoli europei nati dal cristianesimo". Esulta Raffaele Carcano, segretario nazionale dell'Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, parlando di "un grande giorno per la laicità italiana". Secondo Piergiorgio Bergonzi, responsabile scuola dei Comunisti italiani la decisione di Strasburgo "è un forte monito per riaffermare il valore della laicità della scuola e dello Stato". Alessandra Mussolini: "A questo punto è urgente e necessario inserire le radici cristiane nella Costituzione italiana". Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista: "Esprimo un plauso per la sentenza: uno Stato laico deve rispettare le diverse religioni, ma non identificarsi con nessuna". Vincenzo Vita (Pd), vice presidente della commissione Cultura del Senato: "La sentenza non delegittima la religione cattolica, ma la riconsegna a una spiritualità che non ha bisogno di simboli esibiti in luoghi non adibiti al culto". "Il crocifisso rappresenta valori universalmente riconosciuti. La deriva pagana della Corte europea è evidente", sostiene Mario Baccini, leader dei Cristiano popolari del Pdl. "Sono esterrefatto di questa sentenza folle. Il governo italiano reagisca con la massima durezza", ha dichiarato il sindaco di Roma, Gianni Alemanno (Pdl). Massimo Donadi, capogruppo di Italia dei valori alla Camera: "La sentenza di Strasburgo non è una buona risposta alla domanda di laicità dello Stato, che pure è legittima e condivisibile". Debora Serracchiani, europarlamentare e segretaria del Pd del Friuli: "Una sentenza formalmente corretta e condivisibile, ma la tradizione culturale dalla Chiesa si intreccia con la storia del nostro Paese e richiede un approccio più complesso e una maggiore profondità di coinvolgimento". Adel Smith, presidente dell'Unione musulmani d'Italia: "I sostenitori del crocefisso in aula dovevano aspettarselo: in uno Stato che si definisce laico non si possono opprimere tutte le altre confessioni esibendo un simbolo di una determinata confessione".

 

03 novembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La sentenza sul simbolo della cristiniatà a scuola

Resti il crocifisso in aula, parola della Consulta

La Corte Costituzionale dichiara inammissibile la questione

di legittimità sollevata dal Tar del Veneto

(Ansa)

ROMA - Resta il crocifisso nelle aule scolastiche. La Corte Costituzionale ha infatti dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità sollevata dal Tar del Veneto sui regolamenti che, secondo il giudice amministrativo, impongono l'obbligo di esposizione del simbolo della cristianità nelle aule.

LA SENTENZA - Chiamati a stabilire se esporre il simbolo della religione cristiana negli spazi destinati all'istruzione pubblica, violi i principi di imparzialità e laicità dello Stato, i giudici della Consulta hanno nella sostanza risposto che il ricorrente non poteva sollevare la questione. A dare al Tribunale amministrativo veneto l'occasione per rivolgersi alla Corte costituzionale è stato un procedimento promosso da Soile Lautsi, cittadina italiana di origine finlandese, madre di due studenti non credenti frequentanti una scuola di Abano Terme. Dinanzi al Tar la donna ha impugnato la delibera del Consiglio di istituto di lasciare i simboli religiosi al loro posto. Sollecitato anche dall'Unione atei, il Tribunale ha portato dinanzi alla Corte la tesi che l'esposizione di un simbolo venerato dal cristianesimo nelle aule scolastiche - così come una eventuale analoga esposizione di simboli di altre fedi - non è conciliabile con la posizione di equidistanza ed imparzialità tra le diverse confessioni che lo Stato deve comunque mantenere. Ma i giudici della Consulta hanno risposto sollevando il disco rosso.

 

15 dicembre 2004 -

 

REPUBBLICA

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2009-11-04

Il segretario di Stato Vaticano torna a criticare la sentenza

della Corte europea diritti dell'uomo. "Ci lasciano solo Halloween"

Crocifisso in aula, Bertone ringrazia

"Apprezzo il ricorso del governo"

Gelmini: "Stiamo preparando tutto l'incartamento giudiziario per procedere"

Crocifisso in aula, Bertone ringrazia "Apprezzo il ricorso del governo"

ROMA - Il segretario di Stato Vaticano torna a criticare la sentenza della Corte Europea dei diritti

dell'uomo di Strasburgo, che ha accolto l'istanza di un genitore italiano contro il crocifisso in classe. Tarcisio Bertone, esprime apprezzamento per il ricorso presentato dal governo italiano, e si augura che altri esecutivi europei facciano altrettanto.

"Io dico - dice il prelato - che questa Europa del terzo millennio ci lascia solo le zucche delle feste recentemente ripetute e ci toglie i simboli più cari. Questa è veramente una perdita. Dobbiamo cercare con tutte le forze di conservare i segni della nostra fede per chi crede e per chi non crede".

Gelmini. "Stiamo preparando tutto l'incartamento giudiziario per procedere al ricorso", assicura il ministro dell'istruzione, Maria Stella Gelmini, a margine dei funerali di stato a Milano per la poetessa Alda Merini. "Sarà pronto nell'arco di pochi giorni - aggiunge il ministro - Questo ricorso lo riteniamo necessario perché per noi è una scelta davvero incomprensibile".

Vendola. Per il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, la sentenza della Corte europea che dice no al crocifisso nelle aule scolastiche "è una sentenza - che merita una discussione, un approfondimento, spero senza spirito di crociata, senza anatemi reciproci".

Crocefissi in regalo. Intanto se c'è chi i crocefissi li vuole togliere, c'è anche chi li compra e li regala. E' il caso del sindaco di Sassuolo Cuca Caselli. Il comune in provincia di Modena ha infatti acquistato 50 crocifissi e il primo cittadino ha tutta l'intenzione di portarli in ogni scuola. Stessa iniziativa da parte del sindaco di Ardea (in provincia di Roma), Carlo Eufemi: "Il crocifisso nelle scuole non si tocca - ha detto - perché rappresenta le radici della nostra civiltà, uno dei simboli dell'unità del nostro Paese". E sui

tabelloni luminosi del Comune di Montegrotto Terme, in provincia di Padova, per iniziativa del sindaco è apparsa la scritta: "Noi non lo togliamo".

(4 novembre 2009)

 

 

 

 

 

2009-11-03

La Corte europea dei diritti dell'uomo accoglie la denmuncia di una madre

Il ministro Gelmini attacca. Bersani: "E' una tradizione inoffensiva"

Strasburgo, no al crocifisso in aula

Il governo annuncia il ricorso

L'affondo della Cei: "Decisione parziale e ideologica. No alle derive laiciste"

Strasburgo, no al crocifisso in aula Il governo annuncia il ricorso

STRASBURGO - La presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche è "una violazione della libertà dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni e della libertà di religione degli alunni". E' quanto ha stabilito oggi la Corte europea dei diritti dell'uomo su istanza presentata da una cittadina italiana. Ma il governo italiano annuncia ricorso e, in caso di accoglimento, il caso verrà ridiscusso nella Grande Camera. Altrimenti la sentenza diventerà definitiva tra tre mesi. Durissime le prime reazioni, soprattutto nel centrodestra tra i cattolici. A partire dal ministro Gelmini che parla di tradizioni italiane offese. La Cei attacca: "Decisione parziale e ideologica". Prudente Bersani.

Risarcimento per la donna che ha denunciato. Il caso era stato sollevato da Soile Lautsi, cittadina italiana originaria della Finlandia, che nel 2002 aveva chiesto all'istituto statale "Vittorino da Feltre" di Abano Terme, in provincia di Padova, frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocifissi dalle aule. A nulla, in precedenza, erano valsi i suoi ricorsi davanti ai tribunali in Italia. Ora i giudici di Strasburgo le hanno dato ragione, stabilendo inoltre che il governo italiano debba pagare alla donna un risarcimento di cinquemila euro per danni morali. La sentenza è la prima in assoluto in materia di esposizione dei simboli religiosi nelle aule scolastiche.

La decisione della Corte europea. I sette giudici della Corte europea hanno sentenziato che la presenza dei crocifissi nelle aule può facilmente essere interpretata dai ragazzi di ogni età come un evidente "segno religioso" e, dunque, potrebbe condizionarli. E se questo condizionamento può essere di "incoraggiamento" per i bambini già cattolici, può invece "disturbare" quelli di altre religioni o gli atei.

Le reazioni. In attesa che vengano depositate le motivazioni della sentenza, arriva la prima levata di scudi da parte del ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini: "La presenza del crocifisso in classe non significa adesione al cattolicesimo, ma è un simbolo della nostra tradizione". Sulla stessa linea il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli e quello della Giustizia Angelino Alfano. E' critico il presidente della Camera Gianfranco Fini: "Mi auguro che la sentenza non venga salutata come giusta affermazione della laicità delle istituzioni, che è valore ben diverso dalla negazione, propria del laicismo più deteriore, del ruolo del Cristianesimo nella società e nella identità italiana".

E' cauta la reazione del neosegretario del Pd Pier Luigi Bersani: "Un'antica tradizione come il crocifisso non può essere offensiva per nessuno. Penso che su questioni delicate come questa qualche volta il buonsenso finisce di essere vittima del diritto". E l'esponente Udc Rocco Buttiglione parla di "decisione aberrante".

Netta anche la reazione della Conferenza episcopale italiana, che in una nota parla di "sopravvento di una visione parziale e ideologica" che "ignora o trascura il molteplice significato del crocifisso, considerato non solo simbolo religioso ma anche segno culturale". Per l'Osservatore Romano "tra tutti i simboli quotidianamente percepiti dai giovani la sentenza colpisce quello che piu' rappresenta una grande tradizione, non solo religiosa, del continente europeo''.

Piena soddisfazione, invece, da parte del leader di Rifondazione comunista Paolo Ferrero: "Esprimo un plauso per la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo che ci segnala giustamente come uno stato laico debba rispettare le diverse religioni ma non identificarsi con nessuna".

Dalla Rete degli studenti medi arriva una risposta a distanza al ministro dell'Istruzione: "Ci preoccupano molto di più le intenzioni della Gelmini di parificare l'ora di religione alle altre materie o la normativa già oggi discriminatoria che sfavorisce gli studenti che non la frequentano". Poi l'appello: "Bisognerebbe togliere e riformare profondamente l'insegnamento della religione, non certo inserendo l'ora di islam, ma con una materia dedicata alle religioni e alle culture".

I precedenti in Italia e Spagna. L'ultimo round dell'annosa polemica sui crocifissi a scuola si era chiuso a febbraio, quando una sentenza della Cassazione aveva annullato una condanna per interruzione di pubblico ufficio nei confronti del giudice Luigi Tosti, "colpevole" di aver rifiutato di celebrare udienze in un'aula dove era affisso un crocifisso. Fino al precedente che fece clamore del presidente dell'Unione musulmani d'Italia Adel Smith, protagonista di un episodio analogo e che ora commenta: "Sentenza inevitabile".

La questione non coinvolge solo il nostro Paese. Duri scontri tra Stato e vescovi sono avvenuti anche in Spagna nel novembre dello scorso anno, in seguito a una decisione di un giudice di Valladolid di far rimuovere tutti i simboli cattolici da una scuola.

(3 novembre 2009)

L'UNITA'

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2009-11-04

 

 

 

 

 

 

 

2009-11-03

La Corte dei diritti umani: "No al crocefisso in classe"

La Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha emesso oggi una sentenza nella quale stabilisce che esporre il crocifisso nelle classi della scuola pubblica è contrario al diritto dei genitori di educare i loro figli secondo le proprie concezioni religiose, e al diritto degli alunni alla libertà di religione.

Il caso riguarda un ricorso di una cittadina italiana, Soile Lautsi,residente ad Abano Terme, che aveva protestato durante l'anno scolastico 2001-2002, per la presenza del crocifisso nelle classi dei suoi figli, che considerava contraria al principio di laicità dello Stato.

Nel maggio 2002, la direzione della scuola aveva deciso di lasciare il crocifisso nelle classi, e in questo senso si era espressa più tardi una circolare del Ministero della Pubblica istruzione indirizzata a tutti i direttori delle scuole pubbliche.

"La presenza del crocifisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastische - si legge nella sentenza dei giudici di Strasburgo - potrebbe essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso, che avvertirebbero così di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione". Tutto questo, proseguono, "potrebbe essere incoraggiante per gli studenti religiosi, ma fastidioso per i ragazzi che praticano altre religioni, in particolare se appartengono a minoranze religiose, o che sono atei".

Ancora, la Corte "non è in grado di comprendere come l'esposizione, nelle classi delle scuole statali, di un simbolo che può essere ragionevolmente associato con il cattolicesimo, possa servire al pluralismo educativo che è essenziale per la conservazione di una 'società democraticà così come è stata concepita dalla Convenzione (europea dei diritti umani, ndr), un pluralismo che è riconosciuto dalla Corte costituzionale italiana".

"L'esposizione obbligatoria di un simbolo di una data confessione in luoghi che sono utilizzati dalle autorità pubbliche, e specialmente in classe, limita il diritto dei genitori di educare i loro figli in conformità con le proprie convinzioni - concludono i giudici della Corte europea dei diritti umani - e il diritto dei bambini di credere o non credere. La Corte, all'unanimità, ha stabilito che c'è stata una violazione dell'articolo 2 del Protocollo 1 insieme all'articolo 9 della Convenzione".

Il ricorso a Strasburgo era stato presentato il 27 luglio del 2006 da Solie Lautsi, moglie finlandese di un cittadino italiano e madre di Dataico e Sami Albertin, rispettivamente 11 e 13 anni, che nel 2001-2002 frequentavano l'Istituto comprensivo statale Vittorino da Feltre. Secondo la donna, l'esposizione del crocifisso sul muro è contraria ai principi del secolarismo cui voleva fossero educati i suoi figli.

Dopo aver informato la scuola della sua posizione, la Lautsi, nel luglio del 2002, si è rivolta al Tar del Veneto, che nel gennaio del 2004 ha consentito che il ricorso presentato dalla donna venisse inviato alla Corte Costituzionale, i cui giudici hanno stabilito di non avere la giurisdizione sul caso. Il fascicolo è quindi tornato al Tribunale amministrativo regionale, che il 17 marzo del 2005 non ha accolto il ricorso della Lautsi, sostenendo che il crocifisso è il simbolo della storia e della cultura italiana, e di conseguenza dell'identità del Paese, ed è il simbolo dei principi di eguaglianza, libertà e tolleranza e del secolarismo dello Stato.

Nel febbraio del 2006, il Consiglio di Stato ha confermato questa posizione. Di qui la decisione della donna di ricorrere alla Corte europea di Strasburgo.

I sette giudici autori della sentenza sono: Francoise Tulkens (Belgio, presidente), Vladimiro Zagrebelsky (Italia), Ireneu Cabral Barreto (Portogallo), Danute Jociene (Lituania), Dragoljub Popovic (Serbia), Andras Sajò (Ungheria), e Isil Karakas (Turchia).

Il Vaticano non commenta, almeno per ora, la sentenza della Corte di Strasburgo sul crocifisso nelle scuole italiane. Il portavoce della Santa Sede si è trincerato dietro un 'no comment'. "Apprendo ora di questa sentenza - ha detto padre Federico Lombardi a pochi minuti dalla sua pubblicazione - mi cogliete alla sprovvista, preferisco leggere la sentenza prima di eventuali comunicazioni ufficiali". "Fastidio" ha invece espresso mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio per la pastorale dei migranti e gli itineranti.

La Cei La decisione della Corte di Strasburgo sul crocifisso "suscita amarezze e non poche perplessità": così la Conferenza episcopale italiana. "Fatto salvo il necessario approfondimento delle motivazioni - afferma l'ufficio per le comunicazioni sociali della Cei in una nota - in base a una prima lettura, sembra possibile rilevare il sopravvento di una visione parziale e ideologica".

La Gelmini "La presenza del crocifisso in classe non significa adesione al Cattolicesimo ma è un simbolo della nostra tradizione. La storia d'Italia passa anche attraverso simboli, cancellando i quali si cancella una parte di noi stessi", sottolinea il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini. Nel nostro Paese, sottolinea il ministro Gelmini, "nessuno vuole imporre la religione cattolica, e tantomeno la si vuole imporre attraverso la presenza del crocifisso. È altrettanto vero che nessuno, nemmeno qualche corte europea ideologizzata, riuscirà a cancellare la nostra identità".

Buttiglione "Sentenza aberrante e da respingere con fermezza. L'Italia ha una sua cultura, una sua tradizione e una sua storia. Chi viene fra noi deve comprendere ed accettare questa cultura e questa storia". Così il presidente dell`Udc, Rocco Buttiglione, commenta il pronunciamento della Corte Europea dei diritti dell`uomo sul crocifisso.

Calderoli "Calpestati i nostri diritti. Resterà al suo posto nelle scuole", ha tuonato il senatore leghista Roberto Calderoli. E il suo collega di partito Zaia, replica: "Vergogna!".

Bersani "Penso che su questioni delicate come questa qualche volta il buonsenso finisce di essere vittima del diritto. Io penso che un'antica tradizione come il crocifisso non può essere offensiva per nessuno". Così il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, arrivando nella sede della Commissione Europea per incontrare il commissario all'Economia > Joaquin Almunia, interviene sulla sentenza della Corte di Strasburgo che ha vietato l'uso dei crocifissi nelle scuole.

L'Italia Il governo italiano ricorrerà contro la sentenza della Corte europea dei ditti dell'uomo che ha bocciato il crocifisso nelle aule scolastiche come "violazione della coscienza e della libertà religiosa". "Non ci terremo questa sentenza e andiamo in Grande Chambre", ha detto il giudice Nicola Lettieri, rappresentante del governo italiano presso la Corte Europea.

"Quello che abbiamo sempre sostenuto è che il crocifisso è sì un simbolo religioso ma con una portata umanistica e legata all'etica e alla tradizione nazionale". "A imporlo per primo", nota Lettieri, "fu il Regno di Sardegna, quello della breccia di Porta Pia". Nella sentenza odierna, prosegue Lettieri, "la Corte riconosce questa polivalenza, ma è prevalso il dato religioso".

L'altro dato che Lettieri sottolinea e rafforza la necessità di ricorrere contro la sentenza di oggi e l'elemento concordatario che fa da base ai rapporti tra Stato italiano e Vaticano. "Lo Stato italiano", spiega Lettieri, "non è laico ma concordatario, si toglie alcune prerogative per darle a una religione dominante". Il ricorso di Roma contro la sentenza non è automatico: a decidere se arriverà alla Grande Chambre sarà una Chambre composta da sette giudici.

03 novembre 2009

 

 

Come funziona la Corte di Strasburgo

La Corte Europea dei diritti dell'uomo è stata istituita dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, per assicurarne il rispetto. Ha sede a Strasburgo. Non è un'istituzione dell'Unione Europea e non va confusa con la Corte di giustizia.

La Corte può pronunciarsi sia su ricorsi individuali che da parte degli Stati contraenti e svolge una funzione sussidiaria rispetto agli organi giudiziari nazionali, in quanto le domande sono ammissibili solo una volta esaurite le vie di ricorso interne.

Se il ricorso, individuale o statale, è dichiarato ammissibile la questione viene sottoposta al giudizio di una Camera e in ogni caso si cercherà di raggiungere una risoluzione amichevole della controversia. Se la questione non si risolve amichevolmente, la Camera competente emetterà una sentenza motivata nella quale, in caso di accoglimento della domanda, potrà indicare la entità del danno sofferto dalla parte ricorrente e prevedere un'equa riparazione.

Le sentenze della Corte sono impugnabili, in situazioni eccezionali, davanti alla Grande Camera in un termine di tre mesi, decorso il quale sono considerate definitive.

Gli Stati firmatari della Convenzione si sono impegnati a dare esecuzione alle decisioni della Corte europea. Il controllo sull'adempimento di tale obbligo è rimesso al Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa.

03 novembre 2009

 

 

 

I presidi: non possiamo toglierli

La decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo non può avere seguito in Italia perchè "le singole scuole si devono attenere alla norma del Concordato tra Stato e Chiesa" che prevede appunto i crocifissi

nelle aule, "norma concordataria oltretutto ripresa dalla Costituzione". A sostenerlo è il presidente dell'Associazione

nazionale presidi (Anp), Giorgio Rembado.

Per Rembado "è una questione non solo di grande sensibilità individuale, ma che coinvolge anche responsabilità poitiche: la presenza in aula dei crocifissi esiste nella misura in cui c'è alle spalle un Concordato tra Stato e Vaticano per i rapporti tra stato e chiesa. È un problema che va al di là delle questioni che attengono alle determinazioni delle singole scuole".

Per cambiare la situazione "ci dovrebbe essere o un nuovo concordato o una nuova 'intesà tra Stato e Chiesa cattolica. In ogni caso - conclude Rembado - la Corte europea avrebbe dovuto tener conto delle norme costituzionali dell'Italia".

03 novembre 2009

il SOLE 24 ORE

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2009-11-04

La Corte stacca il crocefisso

4 novembre 2009

Summum ius, in punta di legge, è difficile eccepire alla sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo sul crocefisso nelle scuole. In uno stato laico una religione non può esporre i suoi simboli nei luoghi pubblici, da cui sono escluse altre confessioni, dagli ebrei ai musulmani ai buddisti. Per non parlare di chi non crede affatto. Quindi nell'accettare la denuncia della signora italiana Soile Lautsi, la Corte conferma il rigido principio che ha portato ad escludere i riferimenti alle fedi religiose nella Costituzione europea: muro tra Stato e Chiesa, come predicavano i padri della costituzione Usa. Bene. Peccato però che la Costituzione "laica" sia stata cestinata senza troppe cerimonie dagli europei.

Guardando più da vicino la sentenza, forse, leggere che il crocefisso costituisce "violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni" induce a meditare che la rigidità laico-religiosa cara agli Illuministi del XVIII secolo è ingessata nel XXI. Conviviamo in una società di molte culture, fedi, tradizioni (proprio oggi ci ha dato l'addio il centenario antropologo Levi-Strauss, profeta delle differenze umane). Nel futuro dovremo escluderci gli uni con gli altri, azzittendo le minoranze e appiattendo le maggioranze, intubandoci in un grigio sotto vuoto spinto dove nessuno può essere più nulla, perché se cristiano, ebreo, musulmano, secolare, buddista, giainista, offende comunque qualcuno? La tolleranza che Voltaire invocava nel suo Trattato era un burocratico muro imbiancato?

Ora sarebbe bene evitare - non ci speriamo! - gli opposti populismi, da una parte neogiacobini festanti, dall'altra sanfedisti in armi. Per chi si ostina a riflettere è possibile ancora cercare un equilibrio tra sfera pubblica capace di non escludere nessuno e società viva che non cancelli la memoria? In Francia, la Republique mugugna se le ragazze arabe indossano il velo a scuola e non è neppure simbolo di fede: vieta una tradizione e basta. Non sarebbe meglio - allora - permettere agli studenti di avere intorno a sé a scuola i segni della propria identità, tutti, senza odio né regolamenti calati da migliaia di chilometri di distanza?

Summum ius i giudici europei, tra cui l'italiano Zagrebelsky, han sentenziato in punta di codice. Temiamo però che per tanti, magari a torto, sarà l'ennesima conferma di un'Europa frigida, che ha a cuore le norme prima delle persone, l'Europa senz'anima che sempre meno cittadini votano e da cui troppi prendono le distanze risentiti. Un giudice "europeo" che stacca il crocefisso da una scuola elementare è buona stampa per l'Europa? A volte summum ius se non summa iniuria come temeva Cicerone può però essere somma assenza.

4 novembre 2009

 

 

 

 

 

Cardinale Bertone: "L'Europa toglie simboli importanti e lascia zucche"

4 novembre 2009

Il Cardinale Tarcisio Bertone (Ansa/Epa/Miroslaw Trembecki)

La Corte di Strasburgo: no ai crocefissi in classe

Il testo originale della sentenza

IL PUNTO

La sentenza di Strasburgo aiuta il messaggio politico leghista

di Stefano Folli

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Gelmini: "È il nostro simbolo"

Cei: "Decisione davvero miope"

Simboli di identità aiuto all'integrazione

di Karima Moual

"Dai nostri archivi"

Simboli di identità aiuto all'integrazione

La Corte stacca il crocefisso

Il card. Bertone spera nel rilancio della Olivetti

"Il Papa chiede come va la Juve"

Il cardinale Bertone è il nuovo Camerlengo

"Questa Europa del terzo millennio ci lascia solo le zucche della festa recentemente celebrata, e ci toglie i simboli cari". È la risposta del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato Vaticano che, a margine di un incontro oggi all'ospedale Bambino Gesù di Roma, ha deplorato la sentenza della Corte europea di Strasburgo sul crocifisso nelle scuole. L'intervista video al cardinale Bertone è visibile sul sito Ign, testata online del gruppo Adnkronos.

"Abbiamo ascoltato tante voci, anche l'eco del dolore di chi si sente un po' tradito nelle proprie radici, pensando che questo simbolo religioso è simbolo di amore universale, non di esclusione, ma di accoglienza". Per Bertone la perdita dei simboli è grave: "Deploro questa perdita, dobbiamo cercare con tutte le forze di conservare i segni della nostra fede, per chi crede e chi non crede". Bertone si è domandato se il crocifisso dovrà essere tolto anche dalle strade, che sono pubbliche, o si dovrà intervenire anche sulle opere d'arte. "Mi domando se questo è un segno di ragionevolezza, oppure no", dice il cardinale, sottolineando che non ha ancora sentito il Papa sull'argomento e che lo vedrà domani. "La Santa Sede - ha concluso il cardinale rispondendo ai giornalisti su eventuali iniziative della Chiesa - fa i passi che le spettano. Nel senso, come ha detto bene la Conferenza episcopale italiana, di stimolare i cristiani a reagire.

Noi non possiamo interferire sulle decisioni della Corte europea".

4 novembre 2009

 

 

 

 

 

2009-11-03

La Corte di Strasburgo: no ai crocefissi in classe

di Patrizia Maciocchi

3 NOVEMBRE 2009

DOCUMENTO/ La sentenza della Corte

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Gelmini: "È il nostro simbolo"

Cei: "Decisione davvero miope"

"Dai nostri archivi"

Gelmini: "È il nostro simbolo"

La Corte dei diritti dell'Uomo dice no all'esposizione del crocefisso nella scuola pubblica. Strasburgo, con la sentenza n. 30814 depositata oggi, accoglie così il ricorso della mamma di due bambini di 11 e 13 anni che chiedeva di rimuovere la croce dalle aule dell'istituto comprensivo statale Vittorino da Feltre di Abano Terme perché in contrasto con il suo diritto di assicurare ai propri figli insegnamenti in linea con le sue convinzioni religiose e filosofiche.

Una decisione contro la quale il Governo italiano annuncia il ricorso. "Si tratta di questioni di alto diritto internazionale – dice il consigliere Nicola Lettieri che difende l'Italia – non possono essere giudicate da una sola camera ma vanno perlomeno analizzate in grande chambre. La Corte ha parlato di stato laico – conclude Lettieri - ma non bisogna dimenticare che il nostro è anche uno stato concordatario che ha dunque rinunciato ad alcune delle sue prerogative. Per questo siamo fuori dalla Convenzione? È un punto su cui c'è da riflettere".

L'esposizione del simbolo religioso, secondo il ricorrente era dunque in contrasto anche con la convenzione dei diritti dell'Uomo nella parte in cui affermano il diritto all'istruzione oltre che alla libertà di pensiero di coscienza e di religione. Violazioni che i giudici di Strasburgo confermano. Secondo la Corte il crocefisso ha prevalentemente un significato religioso e come tale viene percepito dagli allievi di ogni età. Un senso che può essere confortante e incoraggiante per gli scolari religiosi ma che è in grado di turbare a "livello emozionale" chi professa un altro credo, in particolare chi fa parte di una minoranza religiosa, o semplicemente è agnostico. La laicità dello Stato non si deve dunque limitare alla volontarietà dell'insegnamento della religione cattolica ma deve estendersi anche al divieto di praticare riti o esporre simboli legati a qualunque religione o all'ateismo. L'esposizione del crocefisso non può essere dunque, conclude la Corte, giustificata né dalla richiesta dei genitori cattolici né, come ha sostenuto il governo italiano, dalla necessità di un compromesso con le parti politiche di ispirazione cattolica.

I giudici di Strasburgo negano che l'esposizione nelle aule di un simbolo che è ragionevole associare alla religione maggiormente praticata nel Paese possa contribuire al pluralismo educativo essenziale a una società democratica.

 

La signora aveva presentato vari ricorsi davanti ai tribunali in Italia. Solo ora i giudici di Strasburgo le hanno dato ragione accordandole anche 5000 euro di risarcimento per i danni morali subiti. La Corte dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia a pagare, entro tre mesi dalla sentenza, 5mila euro di danni morali alla ricorrente.

3 NOVEMBRE 2009

 

 

Cei: "Decisione davvero miope"

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3 novembre 2009

"Dai nostri archivi"

Mastella: "Legittimo il crocifisso nelle aule giudiziarie"

Più carità per i cattolici più limiti per i laici

Benedetto XVI: "Ora di religione, esempio di laicità positiva"

Il Pd, la rincorsa alla laicità e la sfida del biotestamento

Congresso Pdl, il giorno di FiniSfida sul referendum e laicità

 

"La laicità non è l'assenza di simboli religiosi, semmai la capacità di accoglierli e di sostenerli", afferma il presidente della Commissione Cei per l'ecumenismo

e il dialogo interreligioso, monsignor Vincenzo Paglia, in un'intervista alla Radio Vaticana.

Quello di fare "tabula rasa di tutto" attraverso la rimozione del Crocifisso, è per il vescovo un tentativo "davvero miope, anche perchè presuppone una concezione di una cultura che è libera solo nella misura in cui non ha nulla, o che ha solo ciò che resta sradicato da ogni storia, da ogni tradizione, da ogni patrimonio".

Per monsignor Paglia, "il Crocefisso è anche, ovviamente, un segno di un'identità. Ma a mio avviso è anche un segno di un'universalità di cui abbiamo bisogno: cioè, di un amore che non conosce confini, di un amore che è disposto a dare la propria vita anche per gli altri, persino per i propri nemici".

Per questo, conclude, è riduttiva "la polemica condotta in questo modo tutto ideologico e nient'affatto storico, concreto e culturale".

3 novembre 2009

 

 

 

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